Rivista quadrimestrale interdisciplinare fondata nel 1989 |
"DIVIDE ET IMPERA" NEGLI SCENARI DEL TERZO MILLENNIO
di Domenico Di Fiore
Linstabilità nella regione balcanica è uno degli elementi del dominio globale degli Usa
Per dar conto della sagacia dalemiana nellaffrontare la crisi balcanica, Eugenio Scalfari ha evocato un personaggio manzoniano, confondendo però lo scaltro vicegovernatore Antonio Ferrer con lo svagato don Ferrante ed attribuendo a questultimo le parole che il primo sussurra al cocchiere per salvarsi dalla folla inferocita. Di don Ferrante è rimasta invece memorabile lardita teoria per la quale la peste di Milano era dovuta ad una fatale congiunzione dei pianeti teoria che sembra fare il paio con quella saragattiana del "destino cinico e baro", entrambe senzaltro più esplicative dellethos dellattuale Presidente del Consiglio e del suo modo dintendere i rapporti con "lamico americano".
Lapsus (freudiano?) a parte Scalfari ha, in quelleditoriale, lindubbio merito di interrogarsi su "qual è la vera ragione" dellattacco Nato alla Serbia e di ravvisarla, scartate come pretestuose le asserite finalità umanitarie, nella stessa prova di forza che si è voluto esperire: "La vera ragione di Determined force [...] sta appunto nella nascita di Determined force" , una forza determinata ad agire ovunque ad essa faccia comodo. Daltronde "perché mai si chiede Ernesto Galli della Loggia le popolazioni civili della Bosnia o del Kosovo sono più meritevoli del nostro intervento umanitario di quelle, mettiamo, del Ruanda o della Sierra Leone?" . Per nessun motivo, evidentemente, se non per una questione di "ambiti di interesse nazionale" da difendere.
La medesima risposta pur con diverse caratterizzazioni dei fini e della congruenza tra questi e i mezzi adottati e quindi, in definitiva, dellopportunità stessa dellintervento Nato e di una eventuale sua prosecuzione per terra giunge, in positivo, da tutta quella folta schiera di "realisti" che, postulando una sostanziale anarchia del sistema degli Stati, fa del ricorso alla forza lunico, temporaneo rimedio ad un disordine strutturale. Per costoro sono fumo negli occhi le motivazioni degli interventi militari declinate in chiave etica, poiché, radicalizzando a dismisura i conflitti, tendono ad oscurare una puntuale "identificazione del nemico" ed una chiara "definizione della vittoria"; pur avendo spesso maggiori possibilità di captare "consenso alla guerra" il terzo dei requisiti che i neoclausewitziani strateghi del Pentagono reputano indispensabili alla riuscita di ogni intervento bellico .
E in questambito problematico in questa potenziale divaricazione tra necessità del consenso e chiarezza degli obiettivi che va colta la differenza di toni nellanalisi dellintervento Nato nei Balcani da parte del "metternichiano" Kissinger, consumato interprete della "balance of power", e dellex consigliere di Carter e padrino politico dellattuale Segretaria di Stato Madeleine Albright, Zbigniew Brzezinski , il quale ultimo, coerentemente con limpronta moralistica a suo tempo impressa alla politica statunitense ed allaccento posto sulla tematica dei diritti umani, agita lo spettro del genocidio e lequazione Milosevic=Hitler per far recedere chiunque abbia in animo di intraprendere la via del negoziato a scapito dellopzione bellica. La guerra della Nato diviene in tal modo una irrinunciabile guerra contro l"inumano", di cui Hitler incarna il paradigma: essa simpone come dovere morale da adempiere per evitare un altro Olocausto. Allinterno di questa marcata curvatura valoriale non cè alternativa alladozione della rooseveltiana dottrina del "victory first": ogni "appeasement" non può che rievocare il pacifismo di quelle "anime belle" che si crogiolavano irresolute nel dilemma se valesse la pena di "morire per Danzica".
Ora, a parte limproponibilità storica di una simile comparazione, dovrebbe essere superfluo, se i meccanismi della memoria non fossero altamente selettivi e sempre più sapientemente eterodiretti, ricordare che lautoproclamata patria di tutte le libertà democratiche si é affermata proprio attraverso il sistematico genocidio dei nativi dAmerica e che "la deportazione, il massacro, la pulizia etnica stanno dunque dentro il Dna stesso delle nostre libertà, che sembrano incapaci di costituirsi e di vivere senza individuare un altro da sé, un non umano da distruggere ed espellere" , che si chiami Sitting Bull, Milosevic o Saddam Hussein.
[...] continua
ABBONATI |
archivio / indici (1989-1998) / abbonamenti / altre pubblicazioni / informazioni / english / links |