Articolo
pubblicato sul numero 31 di Giano. Pace ambiente problemi globali, gennaio-aprile
1999
"DIVIDE ET IMPERA" NEGLI SCENARI DEL TERZO MILLENNIO
di Domenico Di Fiore
Linstabilità nella regione balcanica è uno degli elementi
del dominio globale degli Usa
Per dar conto della sagacia dalemiana nellaffrontare la crisi balcanica,
Eugenio Scalfari ha evocato un personaggio manzoniano, confondendo però
lo scaltro vicegovernatore Antonio Ferrer con lo svagato don Ferrante
ed attribuendo a questultimo le parole che il primo sussurra al cocchiere
per salvarsi dalla folla inferocita. Di don Ferrante è rimasta invece
memorabile lardita teoria per la quale la peste di Milano era dovuta ad
una fatale congiunzione dei pianeti teoria che sembra fare il paio con
quella saragattiana del "destino cinico e baro", entrambe senzaltro
più esplicative dellethos dellattuale Presidente del
Consiglio e del suo modo dintendere i rapporti con "lamico
americano".
Lapsus (freudiano?) a parte Scalfari ha, in quelleditoriale, lindubbio
merito di interrogarsi su "qual è la vera ragione" dellattacco
Nato alla Serbia e di ravvisarla, scartate come pretestuose le asserite finalità
umanitarie, nella stessa prova di forza che si è voluto esperire: "La
vera ragione di Determined force [...] sta appunto nella
nascita di Determined force" , una forza determinata
ad agire ovunque ad essa faccia comodo. Daltronde "perché
mai si chiede Ernesto Galli della Loggia le popolazioni civili
della Bosnia o del Kosovo sono più meritevoli del nostro intervento umanitario
di quelle, mettiamo, del Ruanda o della Sierra Leone?" . Per nessun motivo,
evidentemente, se non per una questione di "ambiti di interesse nazionale"
da difendere.
La medesima risposta pur con diverse caratterizzazioni dei fini e della
congruenza tra questi e i mezzi adottati e quindi, in definitiva, dellopportunità
stessa dellintervento Nato e di una eventuale sua prosecuzione per terra
giunge, in positivo, da tutta quella folta schiera di "realisti"
che, postulando una sostanziale anarchia del sistema degli Stati, fa del ricorso
alla forza lunico, temporaneo rimedio ad un disordine strutturale. Per
costoro sono fumo negli occhi le motivazioni degli interventi militari declinate
in chiave etica, poiché, radicalizzando a dismisura i conflitti, tendono
ad oscurare una puntuale "identificazione del nemico" ed una chiara
"definizione della vittoria"; pur avendo spesso maggiori possibilità
di captare "consenso alla guerra" il terzo dei requisiti che
i neoclausewitziani strateghi del Pentagono reputano indispensabili alla riuscita
di ogni intervento bellico .
E in questambito problematico in questa potenziale divaricazione
tra necessità del consenso e chiarezza degli obiettivi che va
colta la differenza di toni nellanalisi dellintervento Nato nei
Balcani da parte del "metternichiano" Kissinger, consumato interprete
della "balance of power", e dellex consigliere di Carter
e padrino politico dellattuale Segretaria di Stato Madeleine Albright,
Zbigniew Brzezinski , il quale ultimo, coerentemente con limpronta moralistica
a suo tempo impressa alla politica statunitense ed allaccento posto sulla
tematica dei diritti umani, agita lo spettro del genocidio e lequazione
Milosevic=Hitler per far recedere chiunque abbia in animo di intraprendere la
via del negoziato a scapito dellopzione bellica. La guerra della Nato
diviene in tal modo una irrinunciabile guerra contro l"inumano",
di cui Hitler incarna il paradigma: essa simpone come dovere morale da
adempiere per evitare un altro Olocausto. Allinterno di questa marcata
curvatura valoriale non cè alternativa alladozione della
rooseveltiana dottrina del "victory first": ogni "appeasement"
non può che rievocare il pacifismo di quelle "anime belle"
che si crogiolavano irresolute nel dilemma se valesse la pena di "morire
per Danzica".
Ora, a parte limproponibilità storica di una simile comparazione,
dovrebbe essere superfluo, se i meccanismi della memoria non fossero altamente
selettivi e sempre più sapientemente eterodiretti, ricordare che lautoproclamata
patria di tutte le libertà democratiche si é affermata proprio
attraverso il sistematico genocidio dei nativi dAmerica e che "la
deportazione, il massacro, la pulizia etnica stanno dunque dentro il Dna stesso
delle nostre libertà, che sembrano incapaci di costituirsi e di vivere
senza individuare un altro da sé, un non umano da distruggere ed espellere"
, che si chiami Sitting Bull, Milosevic o Saddam Hussein.
[...] continua