Rivista quadrimestrale interdisciplinare fondata nel 1989 |
LA GUERRA UTILE E LA "NAZIONE INDISPENSABILE"
di Isidoro Davide Mortellaro
Proiettandosi nello spazio e nellinformazione gli Usa hanno inventato una nuova frontiera e una nuova etica, la cui sentinella armata è la NATO
La guerra della NATO nei Balcani non ha suscitato grandi ed eccezionali passioni. Per lo meno simili a quelle di altre età o comunque adeguate allevento: al cataclisma, alla scelta dellOccidente di dar voce alle armi, di riconsegnar loro signoria sullEuropa e sul mondo. Su questo piano, essa ha ovunque ulteriormente evidenziato e, poi, suggellato una crisi del pacifismo di durata e ampiezza straordinarie, assieme ad una epocale conversione di gran parte della sinistra europea alle ragioni e alle volontà egemoniche dellOccidente. In Italia inoltre ha pesato e pesa un altro dato specifico. Altrove, il ritorno sulla scena mondiale delle armi ha attirato lattenzione di analisti e studiosi. Ne sono nati dibattiti e analisi. Da noi, invece, la guerra, in quanto tale, non ha aguzzato ingegni, disposto intelligenze alla comprensione e allo scandaglio delle sue nuove forme e dimensioni.
In generale, nei rari casi in cui ci si è voluti misurare con levento e i suoi tratti epocali, è prevalsa lattenzione per la rottura della legalità e del diritto internazionali. Un segno questo di sicuro rilievo: rivelatore dello spazio relativamente più ampio, ancora occupato nel nostro paese da una cultura pacifista e cosmopolita, tenacemente e meritoriamente tesa a difendere e valorizzare spazi e ruolo delle Nazioni Unite. Con molto più realismo di tanta parte della classe dirigente italiana, o di quanti ne fanno quotidiana bandiera o canone interpretativo, si è tra laltro concretamente provato da questo lato a perseguire l"interesse nazionale". Nellunica forma in cui esso è realisticamente alla portata di una potenza o, meglio, di un paese con le caratteristiche e il peso specifici dellItalia: nella difesa e nellesaltazione del multilateralismo, delle istituzioni internazionali, nella primazia assegnata al diritto e alla pace.
Losservatorio italiano
Accompagnata da una più matura riflessione sul ritorno della guerra a fine secolo e sulle sue metamorfosi, questa decisa propensione internazionalistica avrebbe forse avuto una qualche chance, se non a contrastare, per lo meno a contenere quello che appare ormai un tratto peculiare della classe dirigente assurta a ruoli e responsabilità di governo con il centrosinistra: una incontenibile prosopopea circa la collocazione e il peso nuovi dellItalia nel nuovo quadro internazionale. Nata nei giorni gloriosi della "guerra umanitaria", a magnificazione ed autoesaltazione di una nuova classe dirigente tesa a guidare lItalia e il mondo nella nuova età dei "diritti universali", questa teorizzazione è ora vantata come tratto costitutivo essenziale della nuova diplomazia nazionale. Se ne è avuto un esempio eclatante alla recentissima "III Conferenza degli ambasciatori nel Mondo", soprattutto negli interventi lì pronunciati da Lamberto Dini e Giuliano Amato. La tradizionale collocazione del paese nel campo occidentale, presidiata dalle scelte nel campo dell"integrazione europea" e della "solidarietà atlantica", viene ora riproposta, magnificata e ammantata dalla mitologia delleuro e della missione balcanica. Apparentemente, nel mirino è lideologia dell"Italietta", impugnata da chi rimprovera timidezze e tremori, una atavica mancanza di autonomia della classe dirigente nazionale. In realtà il bersaglio più o meno sottaciuto è la resistenza al mutamento. Le presunte, maggiori responsabilità del paese andrebbero onorate con una più decisa opera di svecchiamento, non a caso parametrata su mutamenti costituzionali ed istituzionali orientati ad uno spiccato decisionismo.
s
ABBONATI |
archivio / indici (1989-1998) / abbonamenti / altre pubblicazioni / informazioni / english / links |