Articolo
pubblicato sul numero 35 di Giano. Pace ambiente problemi globali, maggio-agosto
2000
LA GUERRA UTILE E LA "NAZIONE INDISPENSABILE"
di Isidoro Davide Mortellaro
Proiettandosi nello spazio e nellinformazione gli Usa hanno
inventato una nuova frontiera e una nuova etica, la cui sentinella
armata è la NATO
La guerra della NATO nei Balcani non ha suscitato grandi ed eccezionali
passioni. Per lo meno simili a quelle di altre età o comunque
adeguate allevento: al cataclisma, alla scelta dellOccidente
di dar voce alle armi, di riconsegnar loro signoria sullEuropa
e sul mondo. Su questo piano, essa ha ovunque ulteriormente evidenziato
e, poi, suggellato una crisi del pacifismo di durata e ampiezza
straordinarie, assieme ad una epocale conversione di gran parte
della sinistra europea alle ragioni e alle volontà egemoniche
dellOccidente. In Italia inoltre ha pesato e pesa un altro dato
specifico. Altrove, il ritorno sulla scena mondiale delle armi ha attirato
lattenzione di analisti e studiosi. Ne sono nati dibattiti e analisi.
Da noi, invece, la guerra, in quanto tale, non ha aguzzato ingegni,
disposto intelligenze alla comprensione e allo scandaglio delle sue
nuove forme e dimensioni.
In generale, nei rari casi in cui ci si è voluti misurare con
levento e i suoi tratti epocali, è prevalsa lattenzione
per la rottura della legalità e del diritto internazionali. Un
segno questo di sicuro rilievo: rivelatore dello spazio relativamente
più ampio, ancora occupato nel nostro paese da una cultura pacifista
e cosmopolita, tenacemente e meritoriamente tesa a difendere e valorizzare
spazi e ruolo delle Nazioni Unite. Con molto più realismo di
tanta parte della classe dirigente italiana, o di quanti ne fanno quotidiana
bandiera o canone interpretativo, si è tra laltro concretamente
provato da questo lato a perseguire l"interesse nazionale".
Nellunica forma in cui esso è realisticamente alla portata
di una potenza o, meglio, di un paese con le caratteristiche
e il peso specifici dellItalia: nella difesa e nellesaltazione
del multilateralismo, delle istituzioni internazionali, nella primazia
assegnata al diritto e alla pace.
Losservatorio italiano
Accompagnata da una più matura riflessione sul ritorno della
guerra a fine secolo e sulle sue metamorfosi, questa decisa propensione
internazionalistica avrebbe forse avuto una qualche chance, se
non a contrastare, per lo meno a contenere quello che appare ormai un
tratto peculiare della classe dirigente assurta a ruoli e responsabilità
di governo con il centrosinistra: una incontenibile prosopopea
circa la collocazione e il peso nuovi dellItalia nel nuovo quadro
internazionale. Nata nei giorni gloriosi della "guerra
umanitaria", a magnificazione ed autoesaltazione di una nuova classe
dirigente tesa a guidare lItalia e il mondo nella nuova età
dei "diritti universali", questa teorizzazione è ora
vantata come tratto costitutivo essenziale della nuova diplomazia nazionale.
Se ne è avuto un esempio eclatante alla recentissima "III
Conferenza degli ambasciatori nel Mondo", soprattutto negli interventi
lì pronunciati da Lamberto Dini e Giuliano Amato. La tradizionale
collocazione del paese nel campo occidentale, presidiata dalle scelte
nel campo dell"integrazione europea" e della "solidarietà
atlantica", viene ora riproposta, magnificata e ammantata dalla
mitologia delleuro e della missione balcanica. Apparentemente,
nel mirino è lideologia dell"Italietta",
impugnata da chi rimprovera timidezze e tremori, una atavica mancanza
di autonomia della classe dirigente nazionale. In realtà il bersaglio
più o meno sottaciuto è la resistenza al mutamento. Le
presunte, maggiori responsabilità del paese andrebbero onorate
con una più decisa opera di svecchiamento, non a caso parametrata
su mutamenti costituzionali ed istituzionali orientati ad uno spiccato
decisionismo.
s