Rivista quadrimestrale interdisciplinare
fondata nel 1989
GIANO. PACE AMBIENTE PROBLEMI GLOBALI
 
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GIANO 45 Imperialismo spaziale
IMPERIALISMO SPAZIALE

Imperialismo spaziale, potere globale, “nuovo secolo americano”, spiazzamento delle Nazioni Unite: ancora una volta il filo centrale del nostro discorso si svolge intorno agli Stati Uniti d’America. Forti, fondamentali motivi di preoccupazione riguardano la loro politica e le spinte materiali alle quali essa obbedisce nel momento stesso in cui si presenta come “arte” e come “missione”; la Premessa editoriale del fascicolo riguarda appunto il Project for the New American Century, alle cui elaborazioni, e alla cui influenza sull’attuale amministrazione di Washington, dedicheremo prossimamente studi ulteriori. Le analisi di questo n. 45 – con il quale si compie il XV anno di pubblicazione di “Giano” – vertono sulle nuove élites del potere (Lodovisi), sui programmi di predominio spaziale (Garibaldi) cui dedichiamo anche la copertina, sulla strategia di George W. Bush (La Valle), sulla politica verso l’Onu (Imbriani). Ancora in dissolvenza appare l’Europa (Massucci e Di Fiore), alla quale ci proponiamo di prestare una crescente attenzione, in relazione anche al problema qui posto de La scissione dell’Occidente (Del Bello).

Continua intanto la discussione sull’Iran (Galletti, Fasciani), mentre Cotone scrive del muro dell’apartheid in costruzione da parte del governo israeliano, Lannutti ci fornisce un contributo informativo fondamentale sulla Realtà della resistenza irachena, Paolini analizza la situazione della Georgia “crocevia del mondo” e Bonapace propone un quadro critico de I Balcani dopo la tempesta.
Tra le sezioni della rivista, nelle comunicazioni presentate al nostro Convegno sulla Globalizzazione senza governo nelle note e nelle recensioni il lettore troverà infine le conferme d’un coerente lavoro collettivo di analisi e riflessione.



   Per Norberto Bobbio: un saluto e una testimonianza
QUADRANTE  
IMPERIALISMO SPAZIALE
Editoriale   Il Pnac: dall’imperialismo spaziale alla soluzione finale
Achille Lodovisi   Alla base del potere globale statunitense: le nuove oligarchie politico-militari-industriali
Gabriele Garibaldi   L’imperialismo spaziale, chiave del New American Century
Enrico Maria Massucci   Europa, Venere ambigua e illusoria
Anna Cotone   Il muro in Palestina, apartheid del XXI secolo
Giancarlo Lannutti   Realtà della resistenza irachena
Michele Paolini   Georgia, un crocevia del mondo
William Bonapace   I Balcani dopo la tempesta
A PROPOSITO DELL'IRAN    
Mirella Galletti   Uno Stato sotto assedio
Monica Fasciani   Transizione difficile e tormentata
Luigi Cortesi   Guerra internazionale e conflitto sociale
NOTE CRITICHE    
Stefano Azzarà   Friedrich Nietzsche e il progetto nihilista di dominio
Claudio Del Bello   Vittorio Somenzi, un maestro
VITA DI GIANO    

   
Iraq libero. Un saluto alla resistenza irachena (L. Cortesi);
Non si fanno torti ai poeti. Con una poesia di Francesco Muzzioli;
Indici quindicennali
LIBRI  
 
   
   Segnalazioni a cura di Luigi Cortesi, Sergio Dalmasso, Alexander Höbel, Mario Ronchi, Silvio Silvestri, Francesco Soverina, Ireneo Vladimiri
Riviste
a cura di Silvio Silvestri e Sergio Dalmasso
    
 
GLOBALIZZAZIONE SENZA GOVERNO.
Sistema internazionale e rischi globali
Comunicazioni al Convegno di Bologna, 15-16 maggio 2003
Claudio Del Bello   La scissione dell’Occidente
Raniero La Valle   La strategia dell’amministrazione Bush e la nuova geopolitica mondiale
Angelo Michele Imbriani   L’Onu nella politica e nella cultura statunitensi
Maria Clara Donato   La Cina dalla modernizzazione alla “Quanqiuhua”
Raffaele Nocera   La globalizzazione latinoamericana e la contestazione dell’imperialismo Usa
Domenico Di Fiore   L’altra Europa e il neoliberismo
Walter Peruzzi   Pacifismo “moderato” e pacifismo “radicale” in Italia
 
English Summaries   
 


Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero:
Giacomo Cortesi, Claudio Del Bello, Sergio Licuti, Sarah Nicholson, Michele Paolini, Vincenzo Pugliano, Silvio Silvestri, Ireneo Vladimiri


SOMMARI DEL N. 45 DI "GIANO", settembre-dicembre 2003

Imperialismo spaziale

 

Per Norberto Bobbio: un saluto e una testimonianza
La Direzione di “Giano” riepiloga i rapporti con l’illustre filosofo e giurista recentemente scomparso. Riconoscendone i grandi meriti, l’autore della nota non nasconde le dissidenze e le fratture determinatesi con il pensiero e la posizione politica di Bobbio. Tra gli anni ’80 e ’90 egli assunse posizioni possibilistiche, e infine nettamente filo-occidentali, che “Giano” doveva contrastare. Dietro quelle posizioni c’era la rassegnazione di fondo alla guerra come risultato della permanente impronta machiavellica delle relazioni internazionali; e quindi un limite invalicabile del suo travagliato, contraddittorio pacifismo.

Il Pnac: dall’imperialismo globale alla soluzione finale (L.C.)
Gli intenti di questa Premessa di carattere soprattutto informativo sono: 1) di chiarire che cosa sia il “Project for the New American Century” e quali l’ideologia e i programmi dei neoconservatori; 2) di focalizzare l’influenza che i suoi promotorihanno sull’attuale amministrazione Usa, influenza che si rileva direttamente anche dal testo presidenziale “The National Security Strategy” del settembre 2002; 3) di stabilire l’estrema pericolosità del disegno di dominazione globale che il Pnac e l’attuale governo statunitense si propongono di attuare. Una pericolosità che può portare all’umanicidio e alla vera “fine della storia”.


Achille Lodovisi, Alla base del potere globale statunitense: le nuove oligarchie politico-militari-industriali
Il “complesso militare-industrale” ha cambiato forma specialmente a partire dalla seconda metà degli anni ’80. L’autore registra infatti lo sviluppo inedito di enormi programmi di armamento, l’affermazione di oligopoli economici basati sull’integrazione verticale dei processi produttivi, l’evoluzione delle strategie elaborate dalle leaderships politico, economiche e militari ricorrendo a dati statistici di fonte Usa e Sipri. L’autore mostra come l’economia di guerra degli Usa si volga decisamente alle tecnologie dell’informazione e come questo processo accentui la privatizzazione del settore militare, il legame tra esigenze operative e dimensione bellica; mentre, sul piano sociologico, si impongono all’attenzione la fusione tra proprietà, personale tecnico direttivo dell’industria e selezione della direzione politica. Quest’ultima parte dell’analisi sarà proseguita e approfondita in un secondo saggio che verrà pubblicato prossimamanete su “Giano”.


Gabriele Garibaldi, I piani di “Full Spectrum Dominance” e l’imperialismo spaziale degli Usa
Neo-segretario alla Difesa, Rumsfeld ha sbloccato i piani volti alla weaponization dello spazio. Dopo l’11 settembre il National Missile Defense ed il Theater Missile Defense sono propinati dai maistream media all’opinione pubblica americana e mondiale come garanzie di sicurezza interna e di stabilità internazionale. Ma essi sono solo l’inizio di ulteriori piani di armamento spaziale, la cui funzione risponde piuttosto alla logica della Grand Strategy unipolarista nata subito dopo il crollo del muro di Berlino. Essa ha trovato la sua prima, fondamentale espressione nel mantenimento e rilancio della Nato in Europa, ed ha l’obiettivo di impedire il sorgere di una Potenza o coalizione di Potenze che sfidi la posizione statunitense di “lonely Superpower”, così da costruire un “new american century” unipolare e imperiale. Dal punto di vista militare essa si è tradotta in piani strategici il cui obiettivo è il rafforzamento del gap di potenza tra gli Usa ed i potenziali “peer competitors” (la Cina in prima linea). Lo spazio ha in tutto ciò un posto centrale e gli Usa sono pronti a mantenervi la propria leadership “negandone l’accesso agli altri, se necessario”.


Enrico Maria Massucci, Europa, Venere ambigua e illusoria
The energetic protests on the part of a number of European States at the outbreak of the Iraq war created the illusion of wide-spread opposition among “Old Continent” nations to US policy. However the official end to hostilities and successive “realignments” have shown that Europe is not, at present, in a position to express any global vision, nor produce any routes of action, alternative to the US “model”. While there remains an underlying ambiguity concerning the foreign policy of the world’s super power, it is only indicated by episodic adverse reactions to US imperial policy, the domestic policies developed by the “eurocracies” only serve to mutate, echo and confirm the underlying tendencies inspired by neoliberist logic. These are specific political, cultural, economic and above all social choices, written into the prevailing anglo-saxon based philosophy and acritically inspired by the supra-determination of the market function, that bolsters Europe’s subordination to the US.


Anna Cotone, Il muro in Palestina, apartheid del XXI secolo
L’a.informa ampiamente su un incontro del dicembre scorso nelle sede romana del Parlamento Europeo, in cui è stato presentato il rapporto The Wall in Palestine, redatto e pubblicato dalla rete di Pengon. La brutale realtà dell’iniziativa israeliana appare dal testo in tutta la sua portata, grazie anche alle riproduzioni foto- e cartografiche, che rendono evidenti le devastazioni del territorio e il trauma sociale arrecato alla popolazione. Il muro, che non segue la ”Linea Verde” del 1967 tra Cisgiordania e Israele, ha come principale scopo di rafforzare lo Stato sionista e di pregiudicare in modo definitivo la creazione d’uno Stato Palestinese. A questo scopo non si esita di fronte al nuovo e gravissimo vulnus inferto all’Onu e al diritto internazionale.


Giancarlo Lannutti, Realtà della resistenza irachena
La cattura di Saddam Hussein ha avuto sulla resistenza interna un impatto pressochè nullo. Il movimento contro la presenza militare anglo-italo-americana nel Paese appare anzi destinato ad allargarsi, per il progressivo deterioramento dei rapporti con la popolazione, in particolare gli sciiti. Le richieste di fine dell’occupazione e e di indipendenza politica del popolo iracheno sono sempre più forti. Il prestigio dell’amministrazione Bush. la cui guerra appare sempre più inventata a freddo e giustificata con una serie di menzogne è del tutto scaduto. Sulla traccia di fonti internazionali, l’a. traccia una mappa dettagliata delle forze della resistenza organizzata, distinguendo tra “filone islamico” e “filone laico e nazionalista”, divisi alla loro volta in vari gruppi. Nel suo insieme, il movimento risulta profondamente radicato nel popolo. Né può essere ridotta agli episodi di terrorismo la sua legittimità, che è quella di un’opposizione alle forze di occupazione, “in tutte le loro articolazioni e strutture”.


Michele Paolini, Georgia, un crocevia del mondo
Una “rivoluzione di velluto” ha sconvolto la Georgia, crocevia dei traffici petroliferi mondiali, portando il Paese dalle controverse elezioni amministrative del 2 novembre alle manifestazioni di piazza del 14, all’abbandono del presidente Eduard Shevardnadze del 23 novembre e successivamente all’elezione del suo rivale Mikhail Saakashvili il 4 gennaio 2004. L’autore prende in esame la rete dei rapporti internazionali in cui questi avvenimenti hanno assunto portata mondiale: la mancata stabilizzazione dell’Iraq, le tensioni tra Usa e Russia, gli andamenti economici mondiali condizionati dall’aumento dei consumi petroliferi e dalla competizione tra Stati Uniti e Cina per l’accesso alle risorse strategiche del Caspio. In Georgia il sistema internazionale misura localmente l’alta temperatura globale.


William Bonapace, I Balcani dopo la tempesta Guerre, miseria e globalizzazione nel Sud-Est europeo
Dietro i tanti luoghi comuni su guerra etnica e violenze primitive si celano strategie politiche ed economiche di carattere imperialista e liberista, avallate dalle élites nazionalistiche locali.
Sono passati oltre dieci anni da quando è cominciata la lunga crisi nei Balcani e la situazione della regione è ancora estremamente critica: tensioni militari, assenza di sviluppo economico, proliferazione di settori illegali, irregolari e mafiosi fin nel cuore delle istituzioni. Nonostante le diffuse interpretazioni che leggono questa realtà in termini puramente etnici e culturali, le cause di questo disastro sono prettamente politiche. Da una parte le elite nazionaliste e dall’altra le organizzazioni internazionali, votate ad un liberismo dogmatico, hanno demolito lo stato e svenduto l’economia alla nomenclatura locale aprendo il mercato di questi paesi ai processi di delocalizzazione delle nazioni più forti e favorito una “finanziarizzazione” ben poco trasparente. Oggi, le raccomandazioni della Commissione Europea per dar vita ad una società sana e democratica rischiano di mostrarsi inutili se non si avrà il coraggio di affrontare una profonda revisione dei parametri e dei criteri d’intervento nella regione. L’unica possibilità di fuoriuscita da questo marasma potrebbe essere una politica e un indirizzo economico che abbandoni le sirene del liberismo e della globalizzazione forzata, per favorire uno sviluppo centrato sulla valorizzazione delle risorse locali, sul patrimonio umano e ambientale del territorio in una prospettiva di integrazione reale nel contesto europeo


Mirella Galletti, Iran. uno Stato sotto assedio
In Iran moderates and fundamentalists seem in contrast, even if they are considered the two faces of the same coin by some analysts. Moderates led by the President Khatami ask the reform of the political system in a long period. U.S. try to isolate Iran and to stop its nuclear activities. In October 2003 three major European foreign ministers went to Tehran in order
to solve the current crisis over its nuclear program within the International Atomic Energy Agency. With its soft policy Tehran has a strong role in the opposition to the American imperialism in the Middle East.


Monica Fasciani, Iran, una transizione difficile e tormentata
Le manifestazioni studentesche verificatesi in Iran nel luglio 2003 si sono rivolte non più soltanto contro l’oscurantismo di una certa fazione conservatrice, ma anche contro il governo riformista di Khatami, evidenziando una evoluzione significativa nella percezione politica delle nuove generazioni di iraniani. L’eccessiva enfasi che sul piano internazionale, con gli Usa come capofila, è stato strumentalmente attribuito a tali eventi ha avuto un ruolo destabilizzante. La élite “clericale” al potere, infatti, ha utilizzato questo fermento e il tentativo di “uso” americano per inasprire la retorica antioccidentale e la repressione di ogni slancio interno progressista e democratico.


Luigi Cortesi, Guerra internazionale e conflitto sociale
Nell’articolo viene rilevata la contemporaneità dell’ondata di lotte del lavoro in corso in Italia e delle manifestazione per la pace – tra le quali viene considerato anche il lutto collettivo provocato dalla strage di soldati italiani inviati in Iraq. Una tale contemporaneità suggerisce di operare per una linea di unità tra i due aspetti: da un lato il movimento contro la guerra dovrebbe far propri i motivi di rivendicazione sociale dei lavoratori, dall’altro il movimento operaio e la sua cultura dovrebbero abbandonare il mero classismo, talvolta impregnato di corporativismo, e sviluppare le istanze internazionaliste della propria tradizione. Ne risulterebbe un unico soggetto sociale di contestazione dell’assetto capitalistico come sistema, ad un tempo, di dominio sociale e di guerra internazionale.


Stefano Azzarà, Friedrich Nietzsche e il progetto nichilista di dominio
Nel XIX secolo e fino ai primi anni del XX, una salda alleanza tra l'aristocrazia e la grande borghesia regge le sorti delle nazioni europee.
Di fronte all'avanzata della società di massa e del proletariato organizzato, se una parte si dispone al compromesso politico-sociale, un'altra tenterà di perpetuare le condizioni del proprio potere sociale e coloniale. E’ in Nietzsche che la cultura e l'ethos di questa "persistenza dell'ancien régime" troveranno l’espressione filosoficamente più raffinata. Nel suo libro Nietzsche , il ribelle aristocratico, D.Losurdo ricostruisce dall'interno il dibattito politico e culturale tedesco, dipingendo un'Europa in corsa verso la crisi e collocando in questo quadro la grandiosità reazionaria d’un progetto che proietterà le sue ombre su tutto il ‘900.


Silvio Silvestri, Guerra internazionale e conflitto sociale
Il contraccolpo psicologico della strage dei militari italiani a Nassiriya è stato caratterizzato dal lutto e dal desiderio di pace più che dal nazionalismo. Ma cresce anche l’indignazione per le responsabilità della spedizione italiana in Iraq, che è stata richiesta da Bush e prontamente accettata da S. Berlusconi, bisognoso di legittimazione in quanto Premier “buffone”, screditato, dichiarato reo di “corruzione”; un Premier la cui cultura di ricco affarista e il cui potere mediatico lo tengono lontano dalle vere esigenze del Paese.
Un elemento positivo è però, nella presenta situazione italiana, la ripresa delle agitazioni operaie e popolari, che resistono non solo ai ricatti del potere, ma anche alle mediazioni di tipo pallidamente tradeunionistico e richiamano l’attenzione sui legittimi motivi del malcontento diffuso. Il nuovo movimento operaio si aggiunge a quello eco-pacifista, che si è espresso in numerose mobilitazioni e che ha vivacemente contrastato la politica filoamericana del governo di destra. L’articolo di Silvestri auspica che i due movimenti si incontrino. La radicalizzazione e internazionalizzazione del conflitto sociale interno può costituire il vero, insormontabile limite ai disegni di guerra, e contribuire in modo determinante alla salvezza dell’Umanità dal rischio finale.



GLOBALIZZAZIONE SENZA GOVERNO.
Sistema internazionale e rischi globali

Comunicazioni al Convegno di Bologna, 15-16 maggio 2003


Claudio Del Bello, La scissione dell'Occidente
Una riflessione su alcune forme della crisi globale. L’“Occidente”, come il capitale che ne costituisce il motore, si definisce compiutamente mentre declina. Testimone del proprio decadere, esso fa esperienza di fratture e lacerazioni. Non riconducibili a “crescita” e sovrapproduzione, ma all’arresto dello sviluppo. La straordinaria accelerazione dei processi causata dalle logiche interne alla valorizzazione dei capitali ha generato la distruzione della politica. L’intervento dello Stato sul mercato si è manifestato negli Usa come domanda di merci, mentre nel modello “continentale” come offerta. Ciò ha approfondito le differenze riguardo alle finalità dello Stato e al suo modo di assicurare la terzietà nei confronti delle parti sociali. Il neoliberismo tende a tutelare la libertà delle merci contro la libertà degli uomini, trasferendo alle merci i diritti acquisiti dagli uomini negli ultimi duecento anni, ma l’Europa non gli si adegua completamente. Non per diffidenze ideologiche, ma per la presenza di patti in vigore e relative istituzioni. L’Occidente si scinde.Abstract La


Raniero La Valle, La strategia dell’amministrazione Bush e la nuova geopolitica mondiale
L’autore prende in esame il documento sulla “Strategia della sicurezza nazionale degli Stati Uniti”, uscito nel settembre 2002. Il testo presenta caratteri di straordinaria novità. Espone i tratti di un’ideologia che estrapola dai beni da conseguire il bene che considera prevalente e lo assolutizza. Questo bene, dopo l’11 settembre è la sicurezza nazionale. L’ideologia della sicurezza nazionale è analoga a quella che fu dei regimi autoritari dell’America Latina negli anni culminanti della guerra fredda. Tuttavia, a differenza di quella, ispirata al caudillismo europeo e identificata con l’anticomunismo, questa si innesta sull’ideologia dell’ “American heritage” e dell’“American way of life” e ne rappresenta lo sviluppo: la sicurezza consiste nell’affermare quel retaggio americano e nel preservare quel modo di vita.


Angelo Michele Imbriani, L'Onu nella politica e nella cultura statunitensi
L’autore presenta una riflessione sulle ultime vicende e sul dibattito attuale a proposito dell’unilateralismo nella politica statunitense. Nel linguaggio politico e giornalistico americano è oggi ricorrente la distinzione tra due orientamenti di politica internazionale chiamati “unilateralism” e “multilateralism”. Questa classificazione risulta semplificata e largamente infondata. L’attuale situazione politica americana e il ruolo storico dell’Amministrazione Bush non possono dirsi “di rottura” con il passato. La distinzione tra “unilateralism” e “multilateralism” finisce perciò per proporre un’immagine alterata della realtà e nasconde natura e radici del cosiddetto unilateralismo, ossia della politica imperiale statunitense. I due presunti schieramenti - unilateralisti e multilateralisti, falchi e colombe - condividono in realtà un terreno largamente comune.


Maria Clara Donato, La Cina dalla modernizzazione alla “Quanqiuhua”
L'ingresso nel novembre 2001 della Cina nell'OMC ha segnato il suo pieno coinvolgimento nel sistema globale, un coinvolgimento considerato dalla leadership al potere strettamente connesso e conseguente alla strategia di "riforme e apertura" di Deng Xiaoping. Ma, nonostante la "quanqiuhua" (il neologismo che vuol significare globalizzazione) sia stata ufficialmente sempre declinata in chiave positiva e in maniera funzionale alla crescita di una Cina moderna e prospera, permangono numerosi gli interrogativi. Sul piano interno, la posta in gioco resta la stabilità: cioè, la gestione da parte del regime dei costi sociali prodotti da uno sviluppo economico tumultuoso e diseguale e accentuati in realtà dallo stesso processo di globalizzazione. Sul piano esterno, la Cina deve misurarsi con la politica aggressiva dell'amministrazione Bush e difendere i propri interessi in un contesto internazionale sempre più incalzato dal disegno imperialistico americano.



Raffaele Nocera, Globalizzazione, neoliberismo, egemonia statunitense: il caso dell’America Latina
Al principio del XXI secolo i paesi latinoamericani si trovano di fronte ad un bivio: o continuano ad accettare il Consenso di Washington che impone l’adozione di politiche economiche insostenibili; o imprimono una significativa svolta sul piano economico-sociale nazionale. Le recenti crisi in Argentina (dicembre 2001) e in Bolivia (ottobre 2003) rappresentano segnali inequivocabili del rifiuto - di settori sempre più ampi della popolazione - del modello economico neoliberale e dei nuovi progetti di sfruttamento neocoloniale. Si tratta di tradurre la spinta venuta dal basso in percorsi alternativi in merito all’orientamento economico e alla distribuzione delle entrate, all’istruzione, alla sanità, alla sicurezza.
Sul versante dell’integrazione continentale, si accentuano le resistenze degli attori latinoamericani al varo, entro il 2005, dell’Area di Libero Commercio delle Americhe (ALCA). Al contrario Brasile e Argentina guardano con rinnovato interesse al Mercosur dal cui rafforzamento dovrebbe nascere nei prossimi anni un blocco regionale economico, politico, istituzionale e culturale in grado di negoziare alla pari con Stati Uniti, Unione Europea, Giappone e tutti gli altri attori internazionali.


Domenico Di Fiore, L'altra Europa e il neoliberismo
L’89 lascia sul tappeto la potenziale divaricazione tra Usa ed Europa. E’ quello che avvertono, più o meno corruscamente, le teste d’uovo dell’amministrazione statunitense. Il rimosso, o l’oscuro bersaglio, di questa percezione è quel che la (“vecchia”) Europa ha rappresentato nel secolo scorso in termini di emancipazione sociale e di smussamento della statualità. E’ proprio questo, d’altro canto, il punto da cui ripartire “ per sovvertire il fallimento del presente”: l’ineludibilità di una soggettivazione politica che recuperi, nello spazio europeo, l’eredità del “movimento operaio” fondendola creativamente nella pratica dei nuovi movimenti sociali.


Walter Peruzzi, La presenza del pacifismo
A partire dalla guerra del Golfosi sviluppò in Italia un nuovo movimento pacifista, in cui cominciò la contaminazione fra i tradizionali gruppi nonviolenti o antimperialisti e ampi settori meno caratterizzati in senso
politico o ideologico. Presto il movimento di divaricò fra un'anima "moderata", fortemente collaterale al PCI, e un pacifismo 'radicale' ma minoritario, che metteva l'accento sui nuovi caratteri della guerra come strumento permanente di governo della rimondializzazione capitalista e sulla necessità di un pacifismo politico. L'egemonia moderata portò però sempre
più verso una deriva solidaristica e istituzionale, rotta solo da interessanti tentativi di interposizione dal basso. Una ripresa ed espansione del pacifismo politico si ebbe solo con la guerra del Kosovo, seguita però da un rapido riflusso fino alle grandi mobilitazioni del 2003. Esse segnano un salto di qualità ma anche una forte discontinuità, avendo a
fondamento l'impetuoso movimento contro la globalizzazione e la convergenza con altre forze sociali, politiche, del mondo cattolico e della società civile. Ciò pone fine al pacifismo in quanto movimento "separato" per segnarne la rinascita, ricca di grandi possibilità di sviluppo, come sensibilità, apporto e articolazione specifica all'interno del movimento dei movimenti.



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