Rivista quadrimestrale interdisciplinare
fondata nel 1989
GIANO. PACE AMBIENTE PROBLEMI GLOBALI
 
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Premessa al SUPPLEMENTO "L’ISLAM DOPO L’11 SETTEMBRE. LE OPINIONI E L'INFORMAZIONE", a cura di Francesca Maria Corrao, pubblicato sul numero 43 di "Giano. Pace ambiente problemi globali", gennaio-aprile 2003

Preludio di una guerra infinita

di Francesca M. Corrao

La tragedia dell’11 settembre 2001 oltre ad aver suscitato orrore e paura dell’Islam, ha sollevato un’ondata di curiosità verso una civiltà, tanto vicina quanto poco conosciuta. A poche ore dall’evento i media avevano comunicato al mondo che il nemico della “nostra” civiltà moderna era il terrorismo islamico.


Da oltre un decennio il corso di Arabo della Facoltà di Scienze Politiche, dell’Orientale di Napoli, ha un modulo dedicato allo studio del linguaggio politico arabo. La visione di alcuni programmi trasmessi dal canale arabo al-Jazîra e la lettura dei principali editoriali dei giornali in rete era già parte del programma prima del tragico evento. È stato dunque naturale seguire il dibattito dei più importanti opinionisti del mondo arabo e musulmano sugli effetti dell’attentato alle Torri, concentrando l’analisi sui temi che ruotavano intorno alla guerra, al terrorismo, allo “scontro delle civiltà”, e alla crisi nei rapporti tra i Paesi islamici e l’Occidente .
Sin dal principio il monitoraggio dei media rivelava il ripetersi di quanto si era verificato in occasione della guerra del golfo negli anni Novanta; in Occidente si trasmettevano quasi esclusivamente le notizie fornite dalla Cnn, mentre alcuni canali arabi riuscivano a dare altre informazioni. Il monitoraggio da noi effettuato ci ha spinto a divulgare i dati raccolti nonostante le poche risorse umane e materiali non ci abbiano permesso di coprire tutti i media del mondo arabo e di quello islamico. I Paesi da cui è stato più facile avere notizie, anche perché su questi erano state già avviate delle ricerche in precedenza, sono stati la Tunisia, l’Egitto, la Siria, il Qatar, l’Iran, la Turchia, l’Uzbekistan e il Kirghizistan.
L’abbondante materiale raccolto, a volte, ha imposto una scelta che ha finito per privilegiare le voci più significative, ossia quelle che in relazione agli eventi avevano espresso opinioni e sentimenti più diffusi. Una panoramica esauriente delle opinioni ufficiali, e di quelle dei maître à penser dei Paesi arabi è stata possibile grazie all’acquisizione degli atti della conferenza indetta dalla Lega degli Stati arabi nel novembre dello stesso anno. Si è accolta anche l’opinione degli intellettuali arabi degli Stati Uniti, in considerazione del fatto che si sono trovati in prima linea, nel Paese leader nella lotta al terrorismo, a fare i conti su temi cruciali quali la difesa dei diritti e della democrazia. Questa rapida panoramica ha tenuto conto anche dei giornali delle opposizioni, sia quella progressista sia quella conservatrice, di matrice islamista, soprattutto dell’Egitto che ha la più antica e varia pubblicistica in Medio Oriente. In altri paesi non è sempre stato possibile trovare materiale che tenesse conto di tutte le posizioni politiche esistenti. La complessità del monitoraggio ci ha costretto a tralasciare il vaglio delle notizie di paesi cruciali, come il Marocco, la Palestina, solo per citare alcune lacune. Si ricorda che Giorgio Vercellin, Daniela Bredi e Silvia Rossi hanno già dedicato interessanti analisi, rispettivamente all’Afganistan, al Pakistan e all’Arabia Saudita, nel n. 39 di “Giano”.
E necessario premettere che il gruppo di lavoro iniziale (Luca Anceschi, Marta Cariello, Danila Genovese, Gennaro Gervasio, Aldo Nicosia, Lorenzo Trombetta) ha potuto elaborare i materiali raccolti per un più lungo arco di tempo, beneficiando di discussioni che hanno contribuito ad omologare l’approccio. I materiali diversi ed eterogenei hanno richiesto una continua rimessa a fuoco delle parole chiave da ricercare secondo il paese e la fonte. In un primo momento era stato utile delimitare il tempo della ricerca, si noterà, infatti, che alcuni articoli fanno riferimento alla fase della guerra in Afganistan; si è poi ritenuto utile estendere questo periodo per includere alcuni interventi interessanti pubblicati successivamente perché diventavano essenziali per una migliore comprensione del quadro politico. È stato infine indispensabile sollecitare e accogliere il contributo di altri studiosi che, seppure intervenendo in un secondo momento, hanno arricchito la panoramica aggiungendo le opinioni espresse in altri paesi importanti dello scacchiere mediorientale quali l’Iran, la Siria e la Turchia.
Il risultato finale che qui si presenta non ha la pretesa di essere esaustivo, ma è un’importante testimonianza delle principali opinioni arabe e islamiche in un momento storico cruciale.
Le scelte politiche coraggiose nascono da una semplice presa di coscienza, e poi possono trasformare eventi apparentemente insignificanti in svolte importanti che segnano la storia. A volte le ragioni di chi non è sordo alla sofferenza degli “altri” non hanno abbastanza forza da imporsi; in un momento drammatico, come quello attuale, queste idee possono avere un maggiore impatto se si arricchiscono delle ragioni degli “altri” che sono stati ingiustamente confusi in una nebulosa indefinita, un amalgama che aggregherebbe insieme solo arretratezza, violenza, intolleranza e terrorismo.

 



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