Rivista quadrimestrale interdisciplinare
fondata nel 1989
GIANO. PACE AMBIENTE PROBLEMI GLOBALI
 
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  “Giano.Pace ambiente problemi globali” n. 48-49 – gennaio 2005
GUNS & GOD


Numero 48-49

Il fascicolo in corso di stampa (la spedizione agli abbonati è prevista per il 15-20 febbraio) conterrà due Dossiers, dedicati rispettivamente agli Usa dopo la rielezione di Bush e alla Cina.
Dalla Sezione di attualità “Quadrante” anticipiamo intanto due articoli scritti da Silvio Silvestri e da Luigi Cortesi.

 

 


EDITORIALE   Il buio del mondo e la luce di Falluja (l.c.)
QUADRANTE  
 
ANALISI    
Luigi Cortesi   Sulla crisi ucraina. Una guerra geopolitica chiamata “democrazia”
Michele Paolini   Costa d’Avorio: il “pacifismo” di Chirac e i limiti del multilateralismo
Gabriele Garibaldi   Gli Usa e il programma nucleare iraniano: verso un’altra guerra preventiva?
Daniela Bredi   Pakistan: riallineamento, buona volontà e armi nucleari
Vittorio Sartogo   Kyoto, un protocollo a perdere
    
REPORTAGE    
Michelangelo Cocco   Dopo Arafat: tra politica in crisi e fatti compiuti. Si riavvia un improbabile “processo di pace”
    
NOTE E COMMENTI    
Enrico Maria Massucci    Europa, una Costituzione d’epoca
Nico Perrone   Un governo quisling a Baghdad
   Il terrorismo è figlio della guerra (Silvio Silvestri)

IL PUNTO/1  


Un’America “Guns and God”
Bruno Cartosio   Dopo la rielezione di G. W. Bush. Il presente oscuro e il futuro incerto degli Usa
James L. Cowan -  
Suzanne Pollard Cowan  
Le elezioni del 2004, la spaccatura culturale, e il dilemma della sinistra americana
Joseph Gerson   Imperialismo e resistenza in un’epoca di rischi crescenti
Marco Piccioni   Il liberalismo come tendenza verso il totalitarismo
Gordon Poole   Le elezioni in Usa – e poi? Una lettera a “Giano”

IL PUNTO/2  

Cina, il capitalismo in costruzione

Edoarda Masi   Bandiera rossa e libero mercato
Antonio Ca’ Zorzi   La Cina nell’assetto del capitale mondiale
Gabriele Garibaldi   Le armi della Cina
    
Luigi Cortesi    Ricordo di Enzo Santarelli (1922-2004)
   
LETTERE ALLA DIREZIONE   Edoardo Magnone, Guerra interna e guerra esterna: quali differenze?
   
LIBRI  
 
 
Recensioni   Omar Khalidi, Khaki and Ethnic Violence in India. Army, Police and Paramilitary Forces During Communal Rio (Daniela Bredi)
Segnalazioni   a cura di Angelo Baracca, Luigi Cortesi, Brigitta Gruber, Enrico Maria Massucci, Vincenzo Pugliano, Mario Ronchi, Silvio Silvestri, Plauto Terenzi
 
English Summaries   
 


Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero:
Giacomo Cortesi, Claudio Del Bello, Sergio Licuti, Sarah Nicholson, Vincenzo Pugliano, Silvio Silvestri, Elisabetta Tuccinardi, Ireneo Vladimiri


SOMMARI DEL N. 48 DI "GIANO", gennaio 2005

GUNS&GOD

EDITORIALE

Luigi Cortesi , Il male della storia e la luce di Falluja

Partendo dalle impressioni e dalle discussioni suscitate in Italia dallo tzunami, l’editoriale richiama ad una visione della condizione storiche concreta nella quale si trova il mondo attuale
“Il male c’è, va scritto con la minuscola, ed dentro la storia”si lasci dunque la metafisica e la teodicea e si pensi a un lato ai rischi rappresentati dall’ideologia e dalla pratica dello “sviluppo” e dall’altro alle loro proiezioni in guerre immotivate e rovinose. Se la giovane generazioni occidentali subiscono il ricatto dell’edonismo consumistico, in Iraq abbiamo l’esempio di una generazione che rifiuta la cultura dell’occidente e la “fine della storia”; che non accetta, resiste, reagisce anche accettando la morte. “Falluja – conclude l’a. – ci appare come una luce nell’attuale buoi della civiltà.

QUADRANTE

ANALISI


Michele Paolini, Costa d’Avorio: il “pacifismo” di Chirac e i limiti del multilateralismo
Il 2004 si è concluso con l’esplosione della crisi in Costa d’Avorio, sintomo africano di una malattia omnicomprensiva. Il Paese è spaccato tra Sud governativo e Nord ribelle. Gli accordi di Linas-Marcoussis (23 gennaio 2003), fortemente caldeggiati dalla Francia e siglati a suo tempo dalle parti in conflitto – il governo e i ribelli – con il consenso di tutti i Paesi confinanti, avevano predisposto un percorso di riconciliazione. Il tentativo è tuttavia fallito con l’esplosione della crisi di novembre. La ripresa delle ostilità ha trascinato nel conflitto le truppe francesi, impegnate nell’ex colonia con funzioni d’interposizione. Mentre la Francia subisce una pesante sconfitta politica nel cuore della sua storica sfera d’influenza africana, si profila un duro confronto con gli Stati Uniti per l’egemonia sull’ “altro Golfo”: il Golfo di Guinea, ricco di risorse energetiche e strategiche.



Gabriele Garibaldi, Gli Usa e il programma nucleare iraniano: verso un’altra guerra preventiva?
La Superpotenza a caccia di “terroristi” su scala planetaria ha individuato nell’Iran il suo prossimo obiettivo. L’isteria preventiva a proposito del programma nucleare iraniano mette in luce sia la legge “dei due pesi e due misure” che regola la politica nucleare statunitense sia la ferma volontà di prevenire l’ascesa di una potenza regionale contraria agli interessi di Washington in Medio Oriente. Nonostante gli Usa siano impantanati in Iraq e il regime degli ayatollah rassicuri circa la natura esclusivamente civile del suo programma di arricchimento dell’uranio, la rielezione di Bush potrebbe comportare una accelerazione verso una nuova guerra preventiva e un termine a breve scadenza per la resa dei conti con Teheran. Tra propaganda bellica e calcoli di realpolitik, la faccenda del nucleare iraniano può servire da pretesto per un nuovo “cambio di regime” in Medioriente, complice una Unione Europea divisa e incapace di esprimere una posizione realmente alternativa a quella di Washington


Daniela Bredi, Pakistan: riallineamento, buona volontà e armi nucleari






Vittorio Sartogo, Kyoto, un Protocollo a perdere
A Buenos Aires si è svolta, nel dicembre 2004, la 10ma Conferenza dei Paesi firmatari del Protocollo di Kyoto per la riduzione dei gas alteranti il clima. Non ostante la Conferenza si fosse aperta con il successo dell’adesione della Russia che ha permesso al Protocollo di divenire esecutivo, le conclusioni non hanno raggiunto il duplice obiettivo di recuperare il tempo perduto (le emissioni dei Paesi industrializzati sono aumentate ulteriormente rispetto al 1990, anno di riferimento e il funzionamento della Borsa dei fumi è di validità assai incerta) e di prevedere una nuova intesa alla scadenza del 2012, quando entreranno in gioco i paesi in via di sviluppo, oggi esclusi, tra i quali Cina, India, Brasile.
Intanto, l’allarme cresce e ulteriori studi certificano i rischi e anche i danni già prodotti, catastrofi maggiori di quelli del terrorismo o di quello, enorme, prodotto dallo tsunami asiatico.


REPORTAGE

Michelangelo Cocco, Dopo Arafat: tra politiche in crisi e fatti compiuti si riavvia un improbabile “processo di pace”
In un vivace reportage da Ramallah, l’a. descrive un a Palestina per la quale –nelle varie incertezze della successione ad Arafat – è giocoforza partecipare a un negoziato con Israele privo di serie chances. Gi accordi parziali su Gaza sono stati già ampiamente controbilanciati dall’estensione delle colonie in Cisgiordania. E il “muro” innalzato da Israele spingerà più a Est il confine del 1967, mettendo la comunità internazionale di fronte al fatto compiuto.



NOTE E COMMENTI

Enrico Maria Massucci, Europa, una costituzione d’epoca
L’approvazione finale del Trattato costituzionale, dapprima ad opera del Consiglio europeo, successivamente del Parlamento di Strasburgo, cala definitivamente il sipario sull’ingenua aspettativa che la Carta continentale potesse finalmente dare sanzione a quel “modello sociale europeo” che, soprattutto da sinistra, si vorrebbe vincolante, rispetto agli equilibri sanciti dalle devastanti dinamiche economiche globali.
Come in un copione o una coazione a ripetere, ma in modo ferreamente conseguente, il testo del Trattato europeo sancisce invece la piena organicità degli orientamenti delle classi dirigenti del continente alle grandi tendenze epocali. E associa con malcelata disinvoltura alle politiche liberiste, di matrice americana, assunte in un’ottica di “naturalità”, il loro coerente sbocco “gestionale”, la guerra, riassorbita in una declinazione multilateralistica.

I
Nico Perrone, Un governo quisling a Baghdad
In Iraq il governo attuale emula i governi d’occupazione tedeschi della seconda guerra mondiale, i civili sono decimati dai bombardamenti e il segretario generale dell’ONU ha definito illegale l’occupazione americana. Gli USA vogliono una nuova sistemazione geo-politica del Medio Oriente, mentre la Francia non può opporre altro che parole di dissenso. L’Italia, rinnegando una politica di amicizia con i popoli arabi, manda i suoi soldati a morire in Iraq.

IL PUNTO\1

Un’America “Guns and God”

Bruno Cartosio, Dopo la rielezione di G. W. Bush. Il presente oscuro e il futuro incerto degli Usa Il saggio tenta una prima analisi del voto nelle presidenziali 2004 negli Stati Uniti, sullo sfondo della situazione economico-sociale . TRa i punti principali presi in esame: la dimensione reale della vittoria di George W. Bush; l'incidenza dell'analfabetismo e della bassa alfabetizzazione sul voto e non-voto (un fatto di cui si tende spesso a non tenere conto); la distanza della politica e delle sue istituzioni dalla vita dei cittadini e la reazione negativa di molti all'enormità degli investimenti nelle campagne elettorali; il ruolo sostitutivo delle chiese all'assistenza pubblica (favorito e incoraggiato dall'attuale amministrazione) e quindi la loro capacità di attrazione al momento del voto. Infine, vengono forniti elementi per la lettura della distribuzione regionale delle preferenze.


James L. Cowan -  Suzanne Pollard Cowan, Le elezioni del 2004, la spaccatura culturale, e il dilemma della sinistra americana





Joseph Gerson, Imperialismo e resistenza in un’epoca di rischi crescenti




Gordon Poole, Le elezioni in Usa – e poi? [Una lettera a “Giano”]
L’a., già presente nel numero precedente della rivista (Introduzione alle elezioni: Bush, Kerry e i candidati”terzi”, “Giano, n. 47. settembre 2004, pp. 5-143) riconosce il carattere deprimente, al di là di ogni previsione, delle elezioni presidenziali Usa. D’altra parte le linee di fondo della politica estera statunitense, orientate verso il programma di leadership mondiale e di “secolo americano”, sarebbero rimaste inalterate (se non con un maggiore coinvolgimento europeo alla “guerra al terrorismo”, come sostenuto da Kerry). L’unica maniera efficace per modificare gli indirizzi della politica estera Usa resta la mobilitazione dal basso (come nella guerra contro il Vietnam) e la sollecitazione dei gruppi sociali sfavoriti dalla politica economica e sociale dell’amministrazione Bush.

IL PUNTO\2

Cina, il capitalismo in costruzione

Edoarda Masi, Bandiera rossa e “libero mercato”
L’evoluzione politico-economico-sociale in Cina a partire dal 1978. Continuità nella struttura dello stato, notevole devolution alle amministrazioni provinciali. Per varie tappe, rovesciata la politica socialista del precedente trentennio.1978: concluse le “lotte di classe su vasta scala”, promosse le “quattro modernizzazioni”, aperte le prime “zone economiche speciali”. 1986: le “ventidue regole” garantiscono condizioni privilegiate agli investitori stranieri e autorizzazione a rimpatriare i profitti. Enorme aumento percentuale di importazioni e esportazioni da parte di imprese con capitale straniero. 1989: rivolta popolare, apparente freno alle “riforme”, quindi più deciso corso in direzione capitalistica. 1992: viaggio nel Sud di Deng Xiaoping., che inaugura “l’economia socialista di mercato”. 1993: la Cina si afferma come potenza nel mercato globale, fra i maggiori destinatari di investimenti esteri diretti, con bilancia commerciale fortemente in attivo, e con alto tasso di crescita. 2001: la Cina entra nella OMC. Migliorato il livello di vita della popolazione urbana (circa il 20% del totale), peggiorata gravemente la condizione degli abitanti delle zone rurali (circa il 60% della popolazione totale).


T. Ca’ Zorzi, La Cina nel contesto del capitale mondiale
L’a., con l’ausilio di vari dettagliati grafici, mostra la costante e, apparentemente, inarrestabile ascesa dell’economia cinese e il suo peso sempre maggiore nel contesto del capitalismo mondiale. La Cina attrae una percentuale molto alta del totale degli investimenti esteri di capitali degli ultimi decenni, offrendo un enorme bacino di manodopera a basso costo, severamente controllata politicamente e inquadrata in un contesto sociale e culturale molto competitivo, e un mercato interno in forte crescita. Il Paese asiatico si presenta così come l’unico possibile ostacolo alla supremazia Usa, relegando l’Europa in una posizione di retroguardia. Ma tale previsione prescinde dai possibili mutamenti degli equilibri politici internazionali e dagli sviluppi della lotta di classe in occidente e in Asia.

Gabriele Garibaldi, Le armi della Cina
La Cina è tra i potenziali “peer competitors” del primato americano quello più forte e politicamente autonomo. La sua ascesa avrà un impatto di primo piano sullo scenario mondiale post-bipolare, finora dominato dall’unica Superpotenza statunitense. La sua corsa all’armamento è emblematica della sua visione multipolarista del sistema internazionale. Per queste ragioni, il suo programma militare è sotto la lente di ingrandimento del Pentagono. Per converso, esso beneficia delle esportazioni di armi e tecnologia bellica dalla Russia, estranea come la Cina alla Pax Americana. La corsa cinese all’armamento, poi, potrebbe godere della fine dell’embargo imposto dalla Comunità Europea dopo il massacro di Tiananmen, se gli interessi delle industrie belliche nazionali prevarranno sulle dichiarazioni di principio comuni a proposito del rispetto dei diritti umani. E’ un’eventualità che vede gli Usa fortemente contrari. Se con la “National Security Strategy” del settembre 2002 hanno dichiarato che non cederanno il loro primato ed agiranno per impedire l’affermarsi di qualsivoglia competitore regionale, la Cina –squarciato il velo della alleanza post 11/9 nella lotta al terrorismo- è sorvegliato speciale e Taiwan la questione su cui si giocherà la possibilità per gli Usa di mantenere la loro influenza in Asia orientale.


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