Rivista quadrimestrale interdisciplinare
fondata nel 1989
GIANO. PACE AMBIENTE PROBLEMI GLOBALI
 
archivio indici (1989-1998) abbonamenti informazioni altre pubblicazioni english links
Articolo pubblicato sul numero 37 di Giano. Pace ambiente problemi globali, gennaio-aprile 2001

LO STATO E LE METAMORFOSI DELLA GLOBALIZZAZIONE:
DALLA CRISI DEL FORDISMO ALLA NUOVA ECONOMIA

di Riccardo Bellofiore



Introduzione
Ringrazio coloro che mi hanno preceduto per la qualità delle loro relazioni, ma anche per la quantità degli interrogativi e degli stimoli. Debbo dichiarare subito, anche perché il discorso che farò apparirà probabilmente molto più discontinuista di quelli di stamattina, che mi trovo d’accordo pressoché su tutto quello che è stato detto sia da Michele Nobile sia da Maria Turchetto. Però, facendo un po’ l’avvocato del diavolo, ritengo quasi naturale che le loro relazioni suscitino anche una serie di dubbi o addirittura di critiche.
In un certo senso la mia relazione sarà un tentativo di rispondere a queste critiche. Però è indubbio che le due relazioni, in particolare quella di Michele Nobile, possano essere lette all’insegna di una sorta di continuismo nella visione della globalizzazione attuale, quasi che essa non facesse altro che inverare un carattere permanente, la natura mondiale del capitale: è un fraintendimento, ed un rischio, che si è dovuto correre, forzatamente, in quanto nella seconda metà degli anni ’90 l’urgenza sia teorica che politica era quella di contrastare una lettura riduttiva e unilaterale della globalizzazione come salto epocale che ci avrebbe fatto entrare in un’era che sarebbe stata caratterizzata dalla fine del lavoro, dalla scomparsa della gestione politica dell’economia, in fondo dalla stessa eutanasia del rapporto capitalistico.
Credo che un pericolo simile a quello di Nobile sia quello che coraggiosamente ha deciso di correre Maria Turchetto. La stessa metafora da lei impiegata, quella del ciclo – avanzata, certo, per combattere l’idea antropomorfica del capitalismo come organismo che nasce, si sviluppa, e muore – in qualche modo rimane all’interno di una sorta di metafora biologica, spostata ovviamente dall’individuo essere umano alla vicenda naturale, e rischia – anche se Maria Turchetto stamattina ha dato degli spunti per mostrare che così può non essere – di sottovalutare le rotture e le novità nei cicli per mettere in evidenza invece il ripetersi di una regolarità.
Un intervento stamattina ha in fondo detto proprio questo quando ha osservato che dalle relazioni della mattinata emergerebbe l’impressione che nulla è cambiato, tutto è rimasto com’era. Questo rischio, peraltro, si è sentito di meno nella relazione di Maria Turchetto perché – rispetto a Michele Nobile – mi pare lei abbia, a un certo punto, spostato l’accento dalla discussione puramente e semplicemente della globalizzazione alla analisi della cosiddetta "nuova economia", quindi qualcosa di cui si è cominciato a dibattere alla seconda metà degli anni ’90. Io credo che in effetti questo passaggio sia essenziale, perché mentre condivido le critiche di Michele Nobile e critiche consimili che si possono fare alla letteratura sulla globalizzazione, critiche efficaci e necessarie, sono però anche convinto che esse fotografino lo stato del dibattito sulla globalizzazione quale si svolgeva nella prima metà degli anni ’90.
Anche a me è capitato di organizzare nel 1997 un convegno all’Università di Bergamo, di cui è stato pubblicato poi l’anno dopo il volume degli atti, prima in italiano poi in inglese (cfr. Il lavoro di domani. Globalizzazione finanziaria, ristrutturazione del capitale e mutamenti della produzione, a cura di Riccardo Bellofiore, Pisa, Bfs, 1998; Global Money, Capital Restructuring and the Changing Patterns of Labour, Riccardo Bellofiore ed., Edward Elgar, Cheltenham UK, 1999), dove tutto sommato – potete verificarlo voi stessi andando a leggere il libro – gli autori delle relazioni al convegno e io come curatore abbiamo cercato di effettuare una operazione che in qualche modo voleva proprio contestare la tesi discontinuista nella sua versione ’forte’, la tesi della globalizzazione come novità epocale senza precedenti, con argomenti talora molto simili a quelli che qui sono stati ripresi da Michele Nobile. Ma la nuova economia americana e tutta la discussione che ne è seguita nella seconda metà degli anni ’90 secondo me hanno spostato il centro del dibattito, sia sul terreno dei fatti, dell’evoluzione concreta del capitalismo, sia su quello dei temi più di fondo e di lungo periodo al centro del dibattito.
Faccio solo un esempio, per intenderci: la discussione sulla globalizzazione come è stata impostata in Italia, grosso modo nei primi anni ’90, metà degli anni ’90, era incentrata su una sequenza che era sostanzialmente questa: globalizzazione – post–fordismo – fine del lavoro. Viceversa, con la discussione sulla nuova economia è diventata sempre più significativa l’indagine su un capitalismo che viene talora definito un esempio di ’economia dell’informazione’, talora viene ribattezzato ’capitalismo cognitivo’, un capitalismo dove sempre più rilievo hanno le nuove tecniche di management che si pretendono più ’umanistiche’ e ’amichevoli’ nei confronti dei lavoratori. Quello che è certo, e che voglio sottolineare, è che di fine del lavoro si parla sempre meno; anzi, all’opposto, ormai capita di leggere sempre più spesso dell’approssimarsi di un nuovo pieno impiego, in forme e con implicazioni diverse in paesi diversi – che so, gli Stati Uniti o la Francia. [...] continua



ABBONATI

archivio / indici (1989-1998) / abbonamenti / altre pubblicazioni / informazioni / english / links


top_of_page
back home forward